L’utilizzo di robot industriali in Italia nel confronto internazionale

All’interno della Relazione sulla gestione e sulle attività della Banca d'Italia sul 2023, è contenuta una interessante analisi sull’utilizzo di robot industriali in Italia nel confronto internazionale.

I robot industriali sono macchine controllate automaticamente, riprogrammabili e multifunzionali in grado di svolgere una gamma di operazioni sempre più ampia con limitato intervento umano. Il ricorso a questo tipo di tecnologie è particolarmente diffuso nella produzione di veicoli a motore (133 robot ogni 1.000 addetti nella media delle quattro principali economie dell’area dell’euro nel 2021); seguono il comparto gomma e plastica, l’industria farmaceutica e quella dei computer e prodotti di elettronica (rispettivamente, 36, 27 e 20 robot per 1.000 addetti).

L’aumento dell’impiego di questi macchinari negli ultimi tre decenni ha interessato le quattro principali economie dell’area dell’euro con differente intensità. A metà degli anni novanta, in Italia i robot erano 5,6 ogni 1.000 addetti (figura, pannello a), un valore inferiore a quello tedesco (7,6), ma superiore a quello di Francia e Spagna. Nel 2021 il divario con la Germania si è notevolmente ampliato (16,4 contro 27,3); l’incidenza è scesa sotto quella della Spagna (18,3), ma è rimasta superiore a quella della Francia (15,2).

La minore intensità di utilizzo di robot in Italia è largamente riconducibile alla diversa specializzazione settoriale. L’elevato livello di automazione di Germania e Spagna è ascrivibile al ruolo preminente che in questi paesi riveste il comparto automobilistico. Quest’ultimo in Italia, oltre a essere di dimensione più ridotta per numero di addetti e valore aggiunto, aveva nel 2021 un’intensità robotica pari a solo il 58 per cento della media di questi due paesi. Ciò riflette la specializzazione delle aziende italiane nella produzione di componenti, attività meno adatta all’automazione rispetto all’assemblaggio di autoveicoli, e la riduzione nel numero di robot installati a partire dal 20102, in controtendenza rispetto agli altri paesi.

Escludendo il settore automobilistico, l’industria manifatturiera italiana è la più automatizzata e la sua evoluzione nel tempo risulta simile a quella tedesca (figura, pannello b). In particolare, le produzioni di apparecchi elettrici, di macchinari e di prodotti in metallo sono in Italia tradizionalmente più intensive nell’utilizzo di robot; a questi settori si sono aggiunti quelli metallurgico, alimentare e farmaceutico, nei quali il numero di robot installati, inizialmente contenuto, è cresciuto nell’ultimo decennio a un ritmo più sostenuto rispetto agli altri paesi.

L’automazione del processo produttivo, soprattutto nel breve periodo, può avere effetti di sostituzione della forza lavoro; allo stesso tempo, può accrescere la domanda di nuovi profili professionali e può indurre guadagni di produttività che, rafforzando la competitività e aumentando la scala di produzione, possono sostenere i livelli di occupazione nel lungo periodo. Le analisi disponibili mostrano che finora l’adozione di robot ha avuto sull’occupazione effetti negativi negli Stati Uniti, positivi in Francia e nulli in Germania e in Italia. Sulla base di elaborazioni di Banca Italia, in media per le quattro maggiori economie dell’area, i settori che tra il 1996 e il 2021 hanno incrementato di più l’automazione hanno avuto una crescita del numero di occupati e della produttività in linea con quella degli altri comparti: in particolare per l’Italia non emerge alcuna correlazione con l’occupazione, mentre si riscontra una relazione positiva con la produttività. L’ampliamento delle applicazioni dell’intelligenza artificiale alla robotica industriale prefigura una sempre maggiore diffusione dell’automazione che potrebbe in parte compensare la prevista riduzione della quota di popolazione attiva, anche se gli effetti complessivi sulla domanda di lavoro sono di difficile valutazione.


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